Siamo nell’era dell’autenticità?

La domanda è quanto mai insidiosa. Sembrerebbe di sì, a guardare le ultime tendenze in arte, in letteratura, in filosofia, in teologia e anche nel business. Il termine da cui deriva quello di autenticità è autentico (dal lat. tardo authentĭcus, dal greco αὐϑεντικός, che vuol dire “autore”; “che opera da sé” e che significava in senso lato “avere autorità su sé stessi”).

La parola è composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in, dentro) e quindi in senso più pregnante autentico può voler dire che autentico è ciò che si riferisce alla nostra vera interiorità, al di là di quello che vogliamo apparire o crediamo di essere.

 Quindi l’autenticità paga?

 A sentire le parole del noto teologo ed editorialista de la Repubblica, Vito Mancuso, non si ha alcun dubbio.

Egli afferma  che nella pienezza del concetto di autenticità siano presenti due dimensioni, una soggettiva e una oggettiva. La prima riguarda il rapporto del soggetto con se stesso e si traduce in genuinità, spontaneità, schiettezza. La seconda riguarda il rapporto del soggetto con gli altri e si traduce in sincerità, onestà, fedeltà, giustizia. Continua soffermandosi anzitutto sul livello soggettivo dell’ autenticità.

Dato che ogni essere umano è in se stesso interiorità ed esteriorità, la situazione di autenticità soggettiva si ha quando tra l’ esteriorità (le parole che uno dice, le azioni che uno compie) e l’ interiorità (le intenzioni che lo animano, i sentimenti che prova davvero) c’ è armonia.

Un uomo così dice quello che pensa, compie quello che crede, sente davvero quello che manifesta.

Ognuno di noi infatti è abitato da una duplice melodia: una melodia interiore che risuona da sé quasi in modo necessario («per l’ uomo il carattere è il suo destino», diceva Eraclito) e una melodia esteriore che eseguiamo consapevolmente in relazione agli altri con le parole, le azioni, i sorrisi, i silenzi e le altre consuete cerimonie quotidiane.

Ognuno contiene una sorta di polifonia: da un lato il canto fermo o basso continuo rappresentato dalla musica che scaturisce dal temperamento personale indipendentemente dalla volontà, e dall’ altro il motivo dominante, più acuto, più elaborato, dato dalle azioni e dalle parole volontarie, che si sovrappone al basso continuo del temperamento.

Quando tra i due motivi c’ è armonia, siamo in presenza di una persona soggettivamente autentica, e questo è il primo livello dell’autenticità umana. Esso però non basta perché esiste una seconda dimensione della vita autentica, che concerne la qualità oggettiva della prospettiva per la quale si vive. Un uomo infatti al proprio interno può essere del tutto autentico, ma tuttavia vivere per un ideale sbagliato.

Il caso esemplare è il fanatismo, politico o religioso.

Le parole che sentiamo più spesso in questo periodo, e non solo in Italia , sono austerità, rigore. Si stanno ponendo le basi per la nascita di un’età dominata dalla serietà, dalla consapevolezza.

Anche nell’arte si respira una nuova aria.

Robert Hughes, noto critico d’arte australiano, afferma che negli ultimi venticinque anni, l’arte sperimentale,  l’avanguardia, il culto della novità a tutti i costi hanno saturato l’arte, rendendola banale.
Nel suo scritto “In difesa dell’inestimabile” afferma che ci sia la necessità di un ritorno a un periodo di sobrietà ed equilibrio in cui l’arte possa finalmente riscoprire i suoi autentici processi creativi e smettere di essere solo feticcio da “possedere”. Ciò significa, secondo Hughes, riscoprire l’arte come bellezza disinteressata: come disse il filosofo Immanuel Kant, “Finalità senza scopo”.

A prescindere, cioè, dal business e dalle mode.

In sintesi si auspica ad un ritorno alle origini nel modo in cui l’arte è accolta dall’opinione pubblica. Il futuro ha un nome eterno: la pittura.

Si orienta verso narrazioni visionarie, nelle quali non si violano i principi di riconoscibilità. Dà voce al bisogno di riconquistare il saper fare: esalta il creare con le mani. Quindi autenticità.

Anche Edward Docx, in una recente intervista rilasciata a la Repubblica, afferma che “in quanto esseri umani, noi non desideriamo esplicitamente essere lasciati in compagnia del solo mercato. Perfino i miliardari vogliono essere collezionisti di opere d’ arte. Possediamo una smania a conseguire una sorta di veridicità offline. Desideriamo essere riscattati dalla volgarità dei nostri consumi, dalla simulazione del nostro continuo atteggiarci.

Allora il problema dell’ attuale generazione è esattamente il contrario: nessuno ci sta dicendo che cosa fare. Questo crescente desiderio di una maggiore veridicità ci circonda da tutte le parti. Lo possiamo constatare nella specificità dei movimenti food local, per i cibi a chilometro zero.

Lo possiamo riconoscere nelle campagne pubblicitarie che ambiscono ardentemente a raffigurare l’ autenticità e non la ribellione. Lo possiamo vedere nel modo col quale i brand stanno cercando di prendere in considerazione un interesse per i valori dell’ etica. I valori tornano ad avere importanza. 

 Se andiamo ancor più in profondità, ci accorgiamo della crescente rivalutazione dello scultore che sa scolpire e del romanziere che sa scrivere. Jonathan Franzen ne è un esempio calzante: uno scrittore encomiato in tutto il mondo perché si sottrae alle evasioni di genere o alle strategie narrative postmoderne, cercando invece di dire qualcosa di intelligente, di autentico, scritto bene, sulla propria epoca.

 Ciò che conta, dopo tutto, non è soltanto la storia, ma come è raccontata. Queste tre idee – specificità, valori, autenticità – sono in aperto conflitto con il postmodernismo. Stiamo dunque entrando in una nuova era. Potremmo provare a chiamarla “l’Età dell’ Autenticità”.”

 Mi sono chiesta se anche nel business l’autenticità paga.

Secondo il famoso guru esperto di marketing  Seth Godin afferma che “Authenticity, for me, is doing what you promise, not “being who you are“, ossia l’autenticità è ciò che tu prometti e non “chi sei veramente”. La coerenza rappresenta un elemento fondamentale nel business.

Avrai successo e sarai seguito solo se le tue promesse rispecchiano fedelmente il tuo operato.

Vuoi vedere che essere coerenti ed autentici non solo paga, ma è anche una questione di stile?

Informazioni su Barbara Puccio 4 Articoli
Mi occupo di formazione commerciale dal 2003 nell’area Sales Consumer di Telecom Italia. La mia attività consiste prevalentemente nella pianificazione ed erogazione di sessioni formative su offerte commerciali e formazione comportamentale. Nello specifico mi occupo di formazione di start-up e di follow up di una nuova insegna o punto vendita sia dal punto di vista operativo (sistemi di commercializzazione e procedure offerte) che relazionale (accoglienza, ascolto proattivo esigenze cliente, fase di trattativa, cross selling proposition). Curo survey e panel d’ascolto sulla nostra rete di vendita per carpire esigenze ed eventuali aree di miglioramento nella fase di strutturazione dell’offerta in collaborazione con il marketing. Svolgo anche l’attività di consulente indipendente. Organizzo, strutturo ed erogo corsi individuali e aziendali su tematiche specifiche: -stile e tecniche di comunicazione interpersonale (comunicazione emozionale, ascolto attivo) -formazione specifica su tecniche di vendita e di relazione con la clientela, che consentano sviluppo consapevolezza e abilità del consulente di vendita e conseguente incremento vendite e fatturato Per informazioni scrivetemi all’indirizzo: info@equilibrioemotivo.it

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*