Crociere, più marketing territoriale per un settore in salute

Il traffico crociere nel 2014 registrerà in Italia la seconda variazione negativa della sua storia dopo quella del 2012. Con circa 10,32 milioni di passeggeri movimentati (-8,97%) e 4.676 toccate nave (-9,36%) si tratta del peggior risultato del quadriennio. Sono le principali anticipazioni dell’Italian Cruise Watch 2014, il rapporto di ricerca curato da Risposte Turismo che sarà presentato a Napoli il prossimo 24-25 ottobre.

La frenata, registrata sulle stime fornite da 40 scali crocieristici nazionali (99,5% del totale), è frutto della congiuntura e di un andamento del mercato Mediterraneo che nel suo complesso perde alcuni punti percentuali rispetto ai Caraibi. Un trend che però non preoccupa gli esperti. “Il prodotto crociera – spiega Francesco Di Cesare, presidente di RT – è entrato nella sua fase di maturità. È pertanto normale attendersi, anche in Italia, degli andamenti e delle oscillazioni del traffico”.

A livello regionale le proiezioni elaborate mostrano come la Liguria si appresti a diventare, per la prima volta, la regione leader in Italia per numero di passeggeri movimentati nei propri porti, leadership ottenuta in virtù di 2,34 milioni di passeggeri (pari al 22,7% del traffico crocieristico atteso), seguita dal Lazio (2,2 milioni), Veneto (1,75 milioni), Campania (1,29 milioni) e Sicilia (1 milione). Analizzando nel dettaglio i risultati conseguiti dai singoli porti crocieristici Civitavecchia si confermerà al primo posto con 2,19 milioni di passeggeri movimentati (-13,8% sul 2013) e 837 toccate nave (-12,7%), seguita da Venezia con 1,74 milioni di passeggeri (-3,9%) e 489 toccate nave (-10,8%) e Napoli, poco oltre il milione di passeggeri (-13,2%) e 425 toccate nave (-3,4%).

Caratterizzato da una forte concentrazione sia sul lato dell’offerta sia su quello della portualità il settore si distingue per il non trascurabile impatto economico sul territorio di cui nave e passeggero rappresentano solo l’aspetto visibile. La lunga filiera che sta alle spalle di un approdo, infatti, è composita e contempla, solo per citare qualche voce, approvvigionamenti tecnici, manutenzione, forniture alimentari, spese dell’equipaggio e, non ultime, investimenti infrastrutturali e in mezzi. Per un player come Costa Crociere, ad esempio, uno studio del MIP (la Business School del Politecnico di Milano) calcola una ricaduta complessiva di circa 2,2 miliardi di euro, per un livello occupazionale di circa 3.600 unità impiegate direttamente dal gruppo e 8.700 nell’indotto il cui totale retributivo superiore i 373 milioni di euro lordi; nella sola Campania MSC Crociere spende circa 60 milioni di euro coinvolgendo ben 298 fornitori locali.

Cifre che non sorprendono se si considera il comparto nella sua interezza. Negli ultimi 10 anni, la domanda verso le crociere è globalmente cresciuta del 77%, passando da 12 a 21,3 milioni di passeggeri transitati. I dati, rilasciati recentemente da CLIA – Cruise Lines International Association, mostrano che, nel mondo, gli investimenti hanno generato 117 miliardi di dollari di contributo economico, sostenendo l’occupazione a tempo pieno di 891.009 persone per compensi complessivi pari a 38,47 miliardi di dollari. “Il 45% del contributo totale globale del settore è stato generato in Europa – spiega Pierfrancesco Vago, Presidente di CLIA Europe ed Executive Chairman di MSC Crociere – Indiscutibilmente, oggi il comparto crocieristico contribuisce in maniera decisiva alla ripresa economica europea, creando sviluppo e posti di lavoro in un momento in cui entrambi questi fattori non sono così facili da trovare. Sempre più cittadini europei scelgono l’opzione della vacanza in crociera, sempre più turisti navigano in acque europee, e sempre più navi sono costruite nei cantieri europei; nei prossimi anni il peso della nostra industria in Europa può solo continuare a crescere”.

Una fiducia, poco intaccata dall’incidente della Costa Concordia, che se da un lato è confermata dalle previsioni di traffico 2015 (l’Italia dovrebbe superare la soglia degli 11 milioni di passeggeri, il 35,1% dei quali concentrato nel Tirreno centro – meridionale) dall’altra ha contribuito negli ultimi anni ad una corsa al “posto al sole” per gli innumerevoli porti della penisola. Con un proliferare di investimenti milionari sullo sviluppo di “poli crocieristici” che non tengono conto di una semplice verità. E cioè che non basta l’arrivo della nave in porto.

L’esperienza della crociera deve proseguire a terra e agganciare le risorse di un territorio in grado di cogliere le opportunità legate all’unica attività del comparto turistico ancora immune dalla crisi. “Alle compagnie – mette in gurdia Anna Karini Santini, Public Relations and Port Development Manager di Royal Caribbean – non interessa la bellezza o meno di un’infrastruttura messa a disposizione. Ciò che fa la differenza è la sua funzionalità, la capacità di operare in modo efficiente e veloce. La decisione che ci fa scegliere un approdo o un altro, è legata soprattutto a quello che c’è alle spalle del porto. Per agganciare i turisti è necessario un marketing territoriale semplice ed efficace”.

Informazioni su Giovanni Grande 3 Articoli
Giornalista specializzato in nautica e shipping, scrive per le testate "Sea Reporter" e "Porto & Diporto".

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